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A volte invidio tanto gli eremiti o coloro che hanno abbracciato la filosofia della solitudine, quelli che si possono permettere di abitare qualche baita sperduta sulle Dolomiti in compagnia soltanto del camino e di qualche vero amico che di tanto in tanto passa a salutarli. Vero perchè di sicuro per venire lì nel nascondiglio introvabile ci tiene a vedere se sei ancora in vita oppure una valanga di neve ti ha coperto finestre e serrande. Ma comunque chi può rintanarsi in uno stile solitario evita una gran bella seccatura e cioè quella di stare sulla bocca degli altri per quello che fa e che dice o per quello che è o che rappresenta. Sparendo dalla circolazione delle idee e dei fatti sparisce anche dalla vita sociale e non è più soggetto a giudizio o a recensioni strampalate firmate da semisconosciuti. Rimane solo il mito. Rimangono tante congetture ed ipotesi, rimangono racconti, dicerìe e invenzioni narrative per donne annoiate, del tipo “Da quella sera non lo videro più” oppure “Forse è all’estero, forse ha cambiato identità, forse è morto”.

Questo è un bellissimo sogno per chi come me ha il Tallone d’Achille dei Giudizi. Io che in quinta Liceo sognai di essere nel bel mezzo del Giudizio Universale con il Padre Eterno nelle vesti di un Gigante e i comuni mortali come scalatori per arrivare alla sua mano. Tanta fatica per essere poi giudicati. Eppure il mio turno non arrivò mai. Mi svegliai prima ancora di essere chiamata, nel momento in cui realizzai che non “volevo essere giudicata, non volevo scalare e non volevo morire”. Di sogni così non ne ho fatti più. Questo è rimasto l’unico esemplare onirico dei miei viaggi notturni. Ma dice tutto sul mio conto.

Le recensioni che più mi creano una specie di orticaria interiore sono quelle fatte da chi non mi conosce. Quelle simil sentenze che la Corte di Sto Cazzo pronuncia o per noia, o per diletto, o per invidia o per cattiveria. Dopo averti squadrato per un’oretta o più, dopo che ha scambiato con te qualche sterile parola, non sapendo nulla di te, eccola lì che emette la sentenza, ma in un’altra sede e con altri interlocutori (che non ti conoscono). Non avete nessun tipo di rapporto, nessun legame, niente in comune se non una persona, quella che vi ha fatto incontrare. Ma come si può in poco tempo mostrare quello che si è! Dipende anche da chi ci troviamo di fronte. Ad esempio, se ho a che fare con uno scaldabagno col tupè o un frigorifero con le calamite incorporate è ovvio che un pò di remore c’è, no? Se chi ci troviamo di fronte è una balena arenata in un caffè qualsiasi di Vitulazio oppure una stupida cornacchia invidiosa che vota il nano (a lui piacciono le magre, oltretutto, e La Suina non lo sa…che potrebbe rimanerci davvero molto male se il Papi le dicesse “Ti regalo un forno crematorio per il tuo compleanno”) il nostro atteggiamento potrebbe deformarsi un pochino e prendere una strada diversa da quella percorsa in genere. E’ naturale. Se sa che scrivi per Il Mattino e la domanda migliore che ti fa è  “Riusciresti a procurarmi un numero del 1963?” è quasi d’obbligo rimanere in silenzio per non sciupare quei momenti catartici.

“Non mi ha fatto una buona impressione!”. E’ ovvio. Non capita tutti i giorni di trovarsi di fronte ad un esperimento della genetica mal riuscito. E poi, lo sa bene la mia amica Betta, noi non facciamo mai simpatia a pelle, forse per la nostra riservatezza o perchè, diciamolo va, ci invidiano un sacco. Ma come dice sempre lei “Queste cose mettono sale alla vita” e per questo che da oggi in poi, come dice un certo Joker (al quale va tutta la mia solidarietà perchè siamo stati separati alla nascita a detta di qualcuno) “ORA VEDO IL LATO BUFFO…ORA SORRIDO SEMPRE!”..e qualche volta dò anche il mio di giudizio, sensato o no che sia, gradevole o no che sia. Perciò la baita solitaria la lascio a Guccini e me ne sto qui in città a godermi la Corte di Sto Cazzo rodere dall’invidia.

Published in: on 30 agosto 2010 at 13:05  Lascia un commento  

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