Io, Caterina e gli amici del Mercoledì

Caterina dice che aspetta ogni mercoledì a partire dal mercoledì sera. Che è il suo piccolo momento di piacere. Io non mi faccio illusioni, però: dice tante cose. Quando arrivo ha già messo al loro posto i pezzi sulla scacchiera e i cuscini, visto che giochiamo sul pavimento e ogni partita dura un’ora o più.
“Non tocca a me il nero” faccio, come ogni volta.
“Si invece” dice lei, accarezzando i suoi pedoni bianchi come se fossero un piccolo esercito del bene.

E chi la capisce Caterina! Lei è un po’ come il gioco degli scacchi, il gioco che ci avvicina come calamita e ci allontana come i treni che partono. Solo che ad ogni partenza nessuno ha il coraggio di dirsi addio e ad ogni arrivo tutti e due facciamo finta di non essere mai stati via. Strategie e finte, questo il nostro rapporto. Lo sappiamo entrambi ma ogni mercoledì me ne stupisco come un bambino al suo primo spettacolo al Circo, inciampo tra pedoni caduti e regine fameliche come se non avessi mai imparato a camminare. Caterina tutto questo non lo sa anche se sembra il narratore onnisciente della nostra storia. Guida lei, comanda lei, comincia sempre lei. Anche quando c’è da fare la prima mossa, seduti lì sul freddo marmo del suo tempio, nel silenzio assordante che ci culla. Lei mi aspetta alle 19 in punto, rannicchiata sul suo cuscino preferito. Quando mi vede arrivare, non dice mai nulla, non mi saluta nemmeno. Fa una piccola smorfia di approvazione e io capisco che ancora una volta sono il benvenuto. Ha già posizionato i nostri “amici del mercoledì” sulla scacchiera che le avevano regalato quando abitava ancora tra i matti. Caterina forse era semplicemente sola. “La solitudine ti porta alla pazzia” mi ripeteva tra le mura del C.I.M. Per sopperire ad una mancanza, riempiva i vuoti con l’immaginazione. Caterina ha fantasia da vendere. Trasformava i cuscini in amanti da nascondere, tagliava i capelli alle teste calve di bambole consumate, chiamava per nome i pezzi della sua scacchiera. Ora anche io conosco gli “amici del mercoledì” e li chiamo per nome, così per assecondarla, come ho sempre fatto.

Quando ci troviamo uno di fronte all’altra, non mi guarda mai negli occhi. Mi guarda le mani e segue pedissequamente ogni loro movimento. Caterina ha una fissa per le mani. La sua stanza è un museo di mani. Mani fotografate, disegnate, ritagliate, inventate. Le mani degli altri, sia chiaro, non le sue. Non le piace guardarsi. Credo che non abbia mai avuto uno specchio. “Preferisco immaginarmi”, risponde a chi prova a dirle qualcosa a riguardo. Io ho imparato a non fare domande, a non chiedere, ad accettarla così com’è. Caterina sembra apprezzarlo. Tanto che per questo giro mi fa mangiare un pedone, anzi due. Ma so già come andrà a finire. Ogni partita ha un esito preconfezionato. Se vai da Caterina e dai suoi “amici del mercoledì” devi sapere che per un po’ ti concede qualche momento di gloria. E lei sembra compiacersene. Fa un ghigno strano che rientra nell’inventario delle sue smorfie di approvazione. Dopotutto è il suo piccolo momento di piacere. Fa una pausa. Lunga. Lunghissima. Ho la schiena a pezzi. Mi stiracchio un po’. Mi guardo intorno. Vedo mani ovunque. Mi fisso su una in particolare e sono pronto per il gran finale. Caterina sembra calcolare i minuti, i secondi, senza guardare le lancette. Non ha nemmeno quelle in camera. E quando mi distolgo dal mio ammirare mani altrui, nel momento in cui sto per chiederle qualcosa, lei ha già sussurrato “Scacco matto!”.


Published in: on 13 luglio 2010 at 10:29  Lascia un commento  

..almeno una volta nella vita..

Certe cose non puoi ignorarle…anche se ci provi..non ci riusciresti mai..sono le cose che ti importano davvero, le cose che ti appartengono o ti sono appartenute, le cose a cui hai dato tutto, anche di più, quelle cose che hai messo sotto la coperta dell’affetto, al calore umano della vita, l’unica che ti è stata donata. Certe cose le chiami come ti hanno insegnato a chiamarle, altre le chiami come ti dice la testa, altre ancora le chiami come desidera il tuo cuore…a volte non le chiami affatto perché ti sono mancate le parole. Certe cose ti hanno reso quello che sei, sono quelle cose con cui hai litigato o hai chiacchierato, a cui hai detto “è lui quello giusto!”, a cui hai confidato di essere triste o di avere tanta paura di rimanere sola, a cui hai gridato di essere rimasta fuori, a cui ha voluto un bene assoluto. Quelle cose che senza non ti vedi, forse ti vedi ma non sei tu, sono le cose dall’altro lato del telefono, dall’altro lato dell’auto, dall’altro lato della tavola, dall’altro lato del letto…che adesso non ci sono più. Quelle cose esistevano, ne eri certa, “devono essere qui!!” ti chiedi di continuo, ne avverti la presenza, l’assenza. Quelle cose ti hanno voltato le spalle, ti hanno fatto rimanere di merda, ti hanno fatto sentire superflua…sono quelle cose che non ti pensano più.. ti viene da dire “e che cazzo!”…vorresti che la tua imprecazione le cancellasse di botto, vorresti che non fossero mai esistite, anzi vorresti che si sentissero come te, incomplete. Certe cose non puoi ignorarle…anche se sono proprio loro che ti ignorano di continuo.

Published in: on 12 luglio 2010 at 15:36  Lascia un commento  

Il mio modo di amare

La tua Rimmel aveva occhi color cielo, limpidi e timidamente interessati. Aveva labbra candide dalle quali cadevano suoni e rientravano rumori di nostalgia. Riusciva ad afferrare sguardi intensi e a scatenare singhiozzi improvvisi di felicità. La tua Rimmel aveva una strana gioia di vivere. Aveva spalle da sollevare il globo e gambe da sostenere un’altra esistenza. Quella tua Rimmel profumava di vita, le sentivo battere il cuore, avvertivo scorrerle il sangue come torrenti agitati, la ascoltavo respirare piano come un alito di vento sui capelli. La vedevo muovere le mani in quel  ritmo di grande amatrice, la vedevo muoversi come una donna quando sogna distese di stelle. La tua Rimmel vive di luce propria e mai riflessa, abbaglia chi non vede e fa brillare chi è spento. La tua Rimmel è tutto quello che sei tu, è tutto quello che gli altri vorrebbero essere, è tutto quello che forse potrei essere anche io. Lei è musica per chi non sente amore, è colore per chi non distingue le sfumature, è sapore per chi non mastica emozioni. Ama chi non è stato mai amato.

Adesso i suoi occhi sono i miei, le sue labbra sono le mie, le sue spalle, le sue gambe, il suo cuore batte insieme al mio. I suoi sguardi si incrociano con i miei, la sua gioia di vivere fa rima con la mia, il suo respiro mi scuote, le sue mani mi muovono, la sua luce mi avvolge. La tua Rimmel, quella che ti appartiene, ora fa parte di me.

(Scritto poco più di un mese fa, dopo aver trascorso un paio di giorni a letto con la febbre, dopo che un giorno ho avuto la mia prima dedica in musica)

Published in: on 9 luglio 2010 at 12:16  Lascia un commento  

Cronache rosa

Lo conosci per caso. E non sai il suo nome. Tu sei vestita di blu e hai i capelli mossi. Lui scopre come ti chiami e tu sorridi nel rivederlo una domenica pomeriggio. Ci scambi quattro chiacchiere e ti piace da subito. Gli dici che vuoi imparare a suonare la chitarra e lui si offre a darti qualche consiglio. Ti fa mille complimenti, alcuni un pò discutibili, ma te ne freghi se ti possono imbarazzare o meno. Lui vive nel passato e gli confessi che anche tu hai fatto di recente un giro sulla macchina del tempo. Quella sera sulle giostre sei tornata bambina e lui pare abbia apprezzato. Tra l’imbarazzo e la pioggia, avete fatto una passeggiata. Fuochi e lampi di luce colorata schizzavano nel cielo colmo di nuvole. Tu sei arrossita innumerevoli volte e lui ha salutato innumerevoli persone. La prima volta al cinema lo hai sbirciato più volte e ti sei accorta che anche lui lo faceva. Margherita Buy flirtava con il futuro marito della sorella e non capivi cosa rappresentasse. Non ricordi la prima mezz’ora del film, non ricordi bene il titolo del film ma ricordi la sua temperatura corporea. Spalla contro spalla, guancia contro guancia.

Sospettavi fosse l’uomo più sensibile che potessi mai incontrare. Un giorno gli sei scoppiata a piangere come non era mai capitato prima e lui forse per disperazione o per contagio aveva buttato via qualche goccia salata. Si sporca col gelato e con la treccia alla nutella, ti ha fatto assaggiare la torta kinder quando la tua bocca sapeva di cioccolato fondente. A lui piace il tè col ghiaccio, a te no ma non disdegni di prenderne qualche pezzo dal suo bicchiere. Una sera ti chiama Marilyn perchè gli ricordi un pò la pin up ossigenata, ti suona Rimmel mentre hai la febbre e ha deciso di imparare Heaven per suonarla dal vivo. Avete un posto segreto che nessuno sa, forse più di uno, qualche canzone che vi unisce e qualcuna con cui baciarvi fino al giorno seguente. A Lui piace sentirti cantare, a te piace quando mantiene il tempo sul volante. Possedete una maglia identica e la indossate nelle grandi occasioni. Il brindisi con il prosecco diventa quasi un rito da rispettare almeno una volta a settimana, il messaggio della buonanotte mancato è un’abitudine da mantenere quando uno dei due cade dal sonno prima del previsto.

Hai messo su un paio di chili e lui non te lo fa pesare. Ti trova incantevole lo stesso. Anche senza trucco, senza orecchini, senza le tue perle. Ti senti Miss Universo perchè lo scettro della bellezza si è magicamente materializzato tra le tue mani .. gli basta guardarti solamente per essere a pieno titolo un mago con i fiocchi. Non fa magie plateali nè incantesimi da palcoscenico. Fa magie quotidiane, che scatenano solo la tua di meraviglia. Lui ti riaccompagna a casa, fa inversione nella stradina per rivederti rientrare dal portoncino esterno e per salutarti da lontano. Tu infili la chiave dell’interno e ricambi con lo stesso gesto..fino a che la macchina scompare.

Published in: on 6 luglio 2010 at 20:40  Lascia un commento