La scuola è finita…

In questi giorni ho pensato spesso agli anni del Liceo. Lo faccio puntualmente ogni anno a cavallo tra giugno e luglio. Mia madre, insegnante, prende parte sempre agli Esami di Stato e a casa si respira periodicamente quell’atmosfera. Ripenso prima al mio di esame, a quelle poche cose che ricordo, e poi ripenso ai cinque anni che ho trascorso all’Amaldi, al rapporto che c’era con i compagni di classe e con i professori.

A quei tempi stringere un rapporto più stretto e confidenziale con un insegnante significava essere lecchino oppure essere raccomandato. Non sia mai che qualche docente ti incoraggiasse in qualcosa o ti dicesse di essere bravo..per il resto della classe eri segnato per sempre. Parlo, senza paura, della mia ex classe e a come siamo arrivati poi ad odiarci tutti, senza un motivo ben preciso e senza aver commesso nulla. Posso dire con tranquillità che alla mia insegnante di Lettere del biennio piacevo molto. Sia come persona che come alunna. E la simpatia era reciproca. E’ stata l’unica insegnante in tutta la mia storia scolastica (a parte la professoressa di italiano alle medie) a credere in me e a dirmi di coltivare un mio talento. Non è questo il fine ultimo della scuola? La tua formazione? La ricerca del tuo posto nel mondo? E’ stato in quegli anni che ho deciso poi di studiare qualcosa che avesse a che fare con lo scrivere. Insomma, mi disse che ce l’avevo nel sangue. E ogni lunedì mattina (giorno dedicato ai temi) mi faceva sempre leggere il mio davanti a tutta la classe. Quella sensazione non l’ho scordata più. I miei voti alti, per molta gente seduta al banco, erano frutto di una forte raccomandazione (solo perchè i miei sono insegnanti) e non del tutto erano merito mio. Ora posso dire che era solo invidia. E in mia difesa c’erano le interrogazioni orali, i compiti scritti, le mie composizioni. Ci sono stati anche compagni di classe che mi sparlavano dietro dopo che avevo passato loro versioni di latino durante i compiti in classe. Che dicevano, pur di appigliarsi a qualcosa, che quel top mi stava male, che avevo qualche chilo in più e mi facevano i disegnini sul banco (e so anche chi è stato l’artista di turno). Poi il triennio ha segnato la fine di tutto, dell’armonia (se c’era) in classe e delle passioni. Cambio d’insegnante. Le mie motivazioni sono andate a farsi benedire e la consapevolezza di saper scrivere è diventata un ricordo. Mai una soddisfazione, un incoraggiamento, un sorriso. E pensavo anche che le male lingue avessero fatto un lavoretto lavato e stirato pur di svalutarmi. Poi arrivò l’Esame e anche il mio riscatto. Non sto qui a fare la cronaca di quei giorni nè tantomeno la mia autocelebrazione. Ma i numeri parlarono chiaro. Qualcuno potrebbe dire che i voti non contano, conta quello che sai e che fai poi dopo. Ebbene, posso solo dire che oggi ho tutte e due le lauree e scrivo per Il Mattino. E, per aprire un’altra parentesi, lì se non sei capace te ne mandano, senza nemmeno prendersi il disturbo di avvisarti.

Avevo un paio di sassolini nella scarpa e volevo toglierli dopo ben 8 anni. Mi sembra assurdo che un insegnante non possa stringere un rapporto umano con i propri alunni. Mia madre tratta i suoi alunni come figli di carne. A distanza di anni li vedi che la cercano, la salutano, le mandano gli auguri, la invitano alle discussioni di laurea e alle feste. E non c’è nessun dramma. E non c’è nessun conflitto di interessi, nessun scheletro nell’armadio. Mia madre mette 9 a Tizio e non è un dramma. Mette 6 a Caio e non è un dramma. I ragazzi non ne fanno un dramma e le vogliono bene comunque. Non c’è tensione in classe. Sono uniti e chi se ne frega se poi si perderanno di vista dopo la scuola. Rimarrà sempre un piacevole ricordo. C’è una ragione per cui l’unica ad essere salutata a orale concluso è stata mia madre. E poi non si offendano gli altri prof se vengono scacati. Si raccoglie quello che si semina. Odio gli insegnanti indifferenti, depressi, odio i compagni di classe invidiosi, maligni, odio la scuola che ti crea rimpianti. Mi dispiace non aver potuto instaurare un buon rapporto con i miei insegnanti, quello che ti spinge a cercarli e a ringraziarli. Così come fanno gli ex alunni di mia madre. In fondo hanno fatto parte di noi.

L’unica classe di merda l’ho beccata io. Menomale che avevo compagne speciali lungo la mia fila e nel mio banco, ci metto anche un paio di compagni. Mi regalavano sempre un sorriso, una battuta, una carezza. A loro e a chi ha creduto in me e mi ha fatto crescere dedico questo breve post e i ricordi agrodolci che porta con sé.

Published in: on 18 luglio 2011 at 11:01  Lascia un commento  
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