Flusso di coscienza

Scrivere senza mettere una dannata virgola non so se farà bene al mio piccolo ma vorace orgoglio italianistico però ci posso provare perché io sarò pura una mezza pippa con gli occhiali stagionati ma un po’ di coraggio misto a buona volontà mi sono rimasti ancora e di questo ne vado molto fiera quello che però mi tormenta è il mio lato pessimistico che fa capolino ogni tanto anzi mi viene a far visita con una certa frequenza quella dei miei battiti accelerati quando sono in preda ad un attacco d’ansia. Scrivere così a ruota libera è un esperimento che sto conducendo per verificare quanto mi faccia bene vomitare parole sulla tastiera del pc quanto beneficio posso trarre senza ricorrere a terapie ben più radicate e studiate a tavolino. Mi sono resa conto che parlo poco e penso troppo ho poche occasioni per confrontarmi e quando mi capita non so espormi al meglio anzi spezzo frasi per essere sintetica perché i minuti sono contati perché il luogo non è adatto perché l’interlocutore è troppo preso da altre cose perché non ci conosciamo abbastanza perché io sono una mezza pippa. Mi ritrovo così a balbettare a non avere spazio tempo spessore dimensione profondità quando però ci riesco parlo solo io non ho riscontro non ho risposta parlo da sola faccio monologhi shakespeariani faccio soliloqui d’avanguardia. I punti lasciatemeli per carità corrispondono a un respiro tra un vomito e un rigurgito tra un colpo di tosse e una scaracchiata di malinconia lasciatemi la pausa tra una battuta di tasti e un battito di ciglia tra un respiro irregolare e una sfiorata di lobi. Ho bisogno di fermarmi perché potrei avere capogiri narrativi improvvisi perché non ci sono abituata alla maratona dei pensieri esposti così senza pensarci senza correzioni o riletture dettate dal panico di aver scritto stronzate. C’è gente che scrive stronzate rimuginate pensate confezionate almeno io scrivo stronzate e basta e sono tranquilla perché scrivo di me e non degli altri come fanno gli altri per carità ognuno ha le proprie ispirazioni gli input giusti l’inchiostro immaginario. C’è ad esempio chi scrive solo per denigrare gli altri che sono falsi ipocriti cattivi maligni egoisti chi invece butta giù due righe solo per far vedere quanto sa scrivere chi si autoflagella con una frusta a forma di tastiera chi procede nella vita a colpi di proverbi e frasi celebri rubate da internet chi a suon di canzoni chi scrive perché si sente una penna ruggente del nuovo giornalismo italiano chi fa le papere grammaticali chi solo di sport chi solo di politica come se tutti capissero chi scrive solo per fare moine inutili chi le fa e ottiene come risposta un’altra moina inutile. Io scrivo perché è una forma di terapia perché parlo davvero poco perché osservo troppo penso altrettanto ed emetto suoni molto raramente perciò scrivo che mi passa mi passa la paura la rabbia la stizza le delusioni la solitudine mi passa il malumore talvolta aumenta mi passa la voglia di staccarmi la pelle attorno alle unghie che mi torna solo quando raggiungo il punto. Questo.

Published in: on 19 novembre 2012 at 13:42  Lascia un commento  
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MSS – Mezzo Sesto Senso

Ma cosa me ne faccio di te che mi fai solo indovinare il giorno prima l’autore di quell’articolo che volevo scrivere io o dove si  trova e per quale motivo quella persona che è sparita dalla circolazione? A cosa mi servi? Intuire stronzate del genere mi fa solo aumentare il cattivo umore perchè è ovvio che non mi torna nulla, non ci ricavo un accidente.

E’ frustante sapere in anticipo le intenzioni di qualcuno perchè poi non è che io ho qualche utile vantaggio nei suoi confronti. Sempre un ebete rimango. O ad esempio come quel tizio è riuscito in un’impresa. Alla fine conoscere il backstage non è che mi rende la vita più bella. Anzi!

Perciò tu, mio sesto senso da quattro soldi, perchè non mi fai progredire un pò facendomi vincere qualcosa? Vogliamo catalizzare le energie in una bella illuminazione sulle estrazioni del lotto? ILLUMINAMI D’IMMENSO! Una buona volta indirizzami sulla strada giusta. Sulle combinazioni giuste. Me lo devi! Gli ultimi anni sono stati troppo malinconici. Il nostro rapporto è stato uno scherzetto continuo.

Non mi puoi far intuire le stronzate che non interessano nè a me nè a te. A che ora verrà quel tipo, cosa indosserà tizia, a che ora mi telefonerà caio, come risponderà sempronio. Che staranno facendo, dove si trovano, con chi stanno, cu chi sa fann! Bast!

Fino a mò ho sempre detto ‘Solo il 13 non indovino!’. Bene….facimm che luamm a’ negazion!

Published in: on 26 settembre 2011 at 12:21  Lascia un commento  
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..Solo Tu..

Fare due più due certe volte può far soffrire. Non perchè la matematica sia il mio incubo ma perchè sommando gli addendi capisci la realtà dei fatti. Forse capisci che hai sbagliato tutto, che è colpa tua, o colpa degli altri se alla fin fine ti ritrovi a fare quella somma e non ti piace. Sapendo il risultato, ci resti molto male, a dir la verità.

Oggi mi ritrovo praticamente dove non volevo essere o forse ‘come’ non volevo essere. Tante cose in cui avevo creduto sono volate via, al primo alito di vento. E quando mano a mano sono sfumate mi sono dannata, ogni santissima volta. Anche se poi non si sono di nuovo materializzate. Perciò è stata una dannazione inconcludente. Come ogni cosa che mi riguarda. E sono arrivata a una conclusione diversa da come avevo creduto che fosse in passato. Che nella vita basti a te stessa. Non c’è amore o amicizia che possa aiutarti, possa alleviare le tue sofferenze, che possa farti sentire importante. Almeno non per sempre. Si va a periodi. C’è una fase in cui le amicizie sono essenziali ma poi basta che il tempo fa il decorso e ti ritrovi senza. Ce n’è un’altra in cui l’amore è tutto quel che hai e ti basta. Poi anche quello finisce e cosa ti rimane?

L’amarezza per come vanno certe cose o come sono andate a finire mi porta a fare due più due e capisco che ora come ora ho davvero solo Te. Sono stata scaricata da moltissima gente. Di me si ricordano solo perché un articolo sul giornale potrei scriverlo o perchè il social network di turno ricorda la mia data di nascita o perché si sono imbattuti in una vecchia foto o ancora perché non hanno altro da fare.

Ti sto caricando di troppa importanza. Mi sono legata a te con l’attack. Avevo promesso a me stessa di non farlo più. Ma come faccio a resisterTi? Mi sei rimasto solo Tu.

 

Published in: on 18 settembre 2011 at 12:19  Lascia un commento  
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Città vuota

A me non dispiacciono le piazze deserte o le strade con le balle di fieno che rotolano. Non mi dispiace rimanere in città quando tutti si sono tolti dalle palle per un mese o giù di lì. Finalmente posso scorazzare con la mia Diva senza che un pazzo mi possa tagliare la strada o qualche imbecille rincoglionito sulla bici si metta tra me e l’asfalto o, peggio ancora, qualche bimbo indisponente mi possa far dispetti mentre guido. E’ una liberazione.

Beppe Grillo scrisse il suo ‘Odio all’Agosto’, io invece gli dedico un bell’elogio per avermi tolto il superfluo per queste vie asfaltate male. Peccato che chi davvero doveva far le valigie adesso, le ha fatte qualche settimana fa e ora è di ritorno per sbriciolarmi quel poco di pace che avevo guadagnato con tanta fatica per godermi questo mese in solitudine. Ma non si può avere tutto nella vita. Mi armerò di buon senso e di filosofia spicciola alla De Crescenzo.

La città vuota mi fa sentire protagonista, mi emoziona e mi dà un senso di onnipotenza mai provata. Mi sento una volta tanto padrona della città o di quel che è. Mi riapproprio io degli spazi che spesso non mi hanno visto per un intero inverno e ci faccio finalmente amicizia perchè rimaniamo soli. Soltanto io e loro.

Una volta odiavo rimanere un intero agosto da sola (perchè andavo in vacanza a luglio quando ero piccola). Ora invece non aspetto altro. E quando tutti gli altri torneranno. Io taglierò la corda.

Published in: on 1 agosto 2011 at 15:22  Lascia un commento  
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Vota Clauz, Vota Clauz

Scrivo questo breve post per una piccola richiesta. Un favore piccolo piccolo.

Dunque vi spiego. Io non sono una modella, non sono magra, non sono alta, non sono superchic. Quando la rivista DonnaModerna ha lanciato l’iniziativa “Cercasi donne vere, non modelle”, ho pensato, per la prima volta in vita mia, di partecipare. Così per fare qualcosa di  nuovo.

Ecco, a questo punto vi chiedo di votarmi. Un voto ciascuno non fa male a nessuno, no? Basta cliccare sul link qui sotto e andare su vota. Niente di più, niente di meno. Allora, lo fate questo sacrificio?

Un modo per convincervi? Beh, la rivincita delle non-modelle. Una buona volta nei servizi fotografici ci sarà qualcuno ‘normale’, almeno fisicamente, qualcuno che suscita simpatia e non invidia…mi capite?

Perciò, ecco il link…vi porterà direttamente alla mia pagina (fate copia e incolla) e vi basterà fare un click su VOTA! Grazie in anticipo!

http://www.casting.donnamoderna.com/photo/1573368

Published in: on 23 luglio 2011 at 11:08  Lascia un commento  

Quelli di qualche tempo fa..

Nostalgici si nasce e io modestamente ‘lo nacqui’. Battute a parte, mi reputo tra le persone più nostalgiche e da magone allo stomaco che esistano al mondo. Come me ce ne saranno a milioni, di quelli che basta una foto. Una foto, una parola, una canzone, un giorno della settimana. Non è semplicemente il desiderio di ritornare a vivere certe cose…è il desiderio di voler ritornare ad essere quelli di qualche tempo fa, con qualche anno ed esperienza in meno.

Ad esempio, a me certe persone fanno ricordare una sola cosa: Urbino. E me lo ricorderanno sempre, anche tra 20 anni. Faranno sempre parte di quel mondo surreale che ho conosciuto qualche anno fa. Quello che suonava la chitarra il giovedì sera, quello che rimase a fissare esterrefatto la lampada a forma di Luna in camera mia, quella che era la mia rivale con il ragazzo dei sogni, quelle che erano le mie sorelle, quello che si ubriacava puntualmente. Urbino ce l’ho dentro e non va più via. Forse avrò attivato anche degli anticorpi per sopravvivere un giorno che deciderò di andarci di nuovo, così per vedere l’effetto che fa.

Leggere di normali riunioni goliardiche di altre persone mi fa tanta tristezza nel cuore. Una volta le facevamo anche noi. Eravamo scanzonati e liberi, giovani e felici, ribelli e canterini. Eravamo tipicamente urbinati anche se nessuno era di quelle parti, tranne uno nato il 24 dicembre (Ciao Giacomino!). Che fine hanno fatto quelle serate là? E noi dove siamo finiti? Siamo qui a scrivere al pc o siamo ancora in quelle stradine del Montefeltro?

Credo che gironzoliamo ancora per quei vicoli, sostiamo ancora in piazza, ci ubriachiamo ancora al Caffè del Sole e in qualsiasi altra parte, balliamo ancora a El Piquero e cantiamo ancora ‘Bella Stronza’. Ho lasciato quella Claudia lì il giorno che l’ho salutata tra i singhiozzi. Mi sono detta “Ma si, rimani qua, che torni a fare con me. Questo è il tuo posto’.

Published in: on 20 luglio 2011 at 23:48  Lascia un commento  
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La scuola è finita…

In questi giorni ho pensato spesso agli anni del Liceo. Lo faccio puntualmente ogni anno a cavallo tra giugno e luglio. Mia madre, insegnante, prende parte sempre agli Esami di Stato e a casa si respira periodicamente quell’atmosfera. Ripenso prima al mio di esame, a quelle poche cose che ricordo, e poi ripenso ai cinque anni che ho trascorso all’Amaldi, al rapporto che c’era con i compagni di classe e con i professori.

A quei tempi stringere un rapporto più stretto e confidenziale con un insegnante significava essere lecchino oppure essere raccomandato. Non sia mai che qualche docente ti incoraggiasse in qualcosa o ti dicesse di essere bravo..per il resto della classe eri segnato per sempre. Parlo, senza paura, della mia ex classe e a come siamo arrivati poi ad odiarci tutti, senza un motivo ben preciso e senza aver commesso nulla. Posso dire con tranquillità che alla mia insegnante di Lettere del biennio piacevo molto. Sia come persona che come alunna. E la simpatia era reciproca. E’ stata l’unica insegnante in tutta la mia storia scolastica (a parte la professoressa di italiano alle medie) a credere in me e a dirmi di coltivare un mio talento. Non è questo il fine ultimo della scuola? La tua formazione? La ricerca del tuo posto nel mondo? E’ stato in quegli anni che ho deciso poi di studiare qualcosa che avesse a che fare con lo scrivere. Insomma, mi disse che ce l’avevo nel sangue. E ogni lunedì mattina (giorno dedicato ai temi) mi faceva sempre leggere il mio davanti a tutta la classe. Quella sensazione non l’ho scordata più. I miei voti alti, per molta gente seduta al banco, erano frutto di una forte raccomandazione (solo perchè i miei sono insegnanti) e non del tutto erano merito mio. Ora posso dire che era solo invidia. E in mia difesa c’erano le interrogazioni orali, i compiti scritti, le mie composizioni. Ci sono stati anche compagni di classe che mi sparlavano dietro dopo che avevo passato loro versioni di latino durante i compiti in classe. Che dicevano, pur di appigliarsi a qualcosa, che quel top mi stava male, che avevo qualche chilo in più e mi facevano i disegnini sul banco (e so anche chi è stato l’artista di turno). Poi il triennio ha segnato la fine di tutto, dell’armonia (se c’era) in classe e delle passioni. Cambio d’insegnante. Le mie motivazioni sono andate a farsi benedire e la consapevolezza di saper scrivere è diventata un ricordo. Mai una soddisfazione, un incoraggiamento, un sorriso. E pensavo anche che le male lingue avessero fatto un lavoretto lavato e stirato pur di svalutarmi. Poi arrivò l’Esame e anche il mio riscatto. Non sto qui a fare la cronaca di quei giorni nè tantomeno la mia autocelebrazione. Ma i numeri parlarono chiaro. Qualcuno potrebbe dire che i voti non contano, conta quello che sai e che fai poi dopo. Ebbene, posso solo dire che oggi ho tutte e due le lauree e scrivo per Il Mattino. E, per aprire un’altra parentesi, lì se non sei capace te ne mandano, senza nemmeno prendersi il disturbo di avvisarti.

Avevo un paio di sassolini nella scarpa e volevo toglierli dopo ben 8 anni. Mi sembra assurdo che un insegnante non possa stringere un rapporto umano con i propri alunni. Mia madre tratta i suoi alunni come figli di carne. A distanza di anni li vedi che la cercano, la salutano, le mandano gli auguri, la invitano alle discussioni di laurea e alle feste. E non c’è nessun dramma. E non c’è nessun conflitto di interessi, nessun scheletro nell’armadio. Mia madre mette 9 a Tizio e non è un dramma. Mette 6 a Caio e non è un dramma. I ragazzi non ne fanno un dramma e le vogliono bene comunque. Non c’è tensione in classe. Sono uniti e chi se ne frega se poi si perderanno di vista dopo la scuola. Rimarrà sempre un piacevole ricordo. C’è una ragione per cui l’unica ad essere salutata a orale concluso è stata mia madre. E poi non si offendano gli altri prof se vengono scacati. Si raccoglie quello che si semina. Odio gli insegnanti indifferenti, depressi, odio i compagni di classe invidiosi, maligni, odio la scuola che ti crea rimpianti. Mi dispiace non aver potuto instaurare un buon rapporto con i miei insegnanti, quello che ti spinge a cercarli e a ringraziarli. Così come fanno gli ex alunni di mia madre. In fondo hanno fatto parte di noi.

L’unica classe di merda l’ho beccata io. Menomale che avevo compagne speciali lungo la mia fila e nel mio banco, ci metto anche un paio di compagni. Mi regalavano sempre un sorriso, una battuta, una carezza. A loro e a chi ha creduto in me e mi ha fatto crescere dedico questo breve post e i ricordi agrodolci che porta con sé.

Published in: on 18 luglio 2011 at 11:01  Lascia un commento  
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Fegato, fegato spappolato

Cosa mi manda in bestia??

Ebbene, posso non rispondere delle mie azioni quando non mi si ascolta. Quando sto raccontando una cosa o mi sto confidando e la persona accanto a me preferisce la telenovela da quattro soldi in tv. Mi incazzo a morte quando non mi si presta attenzione perchè io sono sempre disponibile e attenta con chi lo richiede. Mi innervosico a tal punto di piangere quando non ho un modo di sfogare il mio andare in bestia e mi devo nascondere pure a casa mia come se fossi sempre un ospite che non ha privacy. Il nervoso mi viene quando si cerca in modo subdolo di farmi scema. Persone adulte, di 40 anni e più, che cercano di manipolare persone più giovani solo perchè credono di avere più esperienza. Il risultato è una ridicolaggine in più nel loro bagaglio di vita e un’ulcera in più nel mio stomaco. Non digerisco i tic altrui, tutto quello che riguarda manie e fissazioni, anche di persone a cui voglio bene. I miei occhi si iniettano di sangue e sarei capace di mandare qualcuno all’ospedale. Odio chi mangia con la bocca aperta, chi fa rumori mentre mastica, chi si tocca i capelli, chi fa schioccare le ossa delle mani. Odio chi mette in disordine, chi non riordina, chi se ne frega di vivere con altre persone e non pulisce mai. E poi c’è chi improfuma il bagno col deodorante dopo aver espulso il pranzo. E non c’è cosa più terribile di quell’odore. Potrei denunciarli per tentato omicidio.

Fegato amaro quando saltano i piani che hai progettato a lungo, quando non si mantengono le promesse, quando si fa buon viso a cattivo gioco. Rotta di pelotas quando sei l’ultima ruota del carro, quando sei guardata a vista e ce le hai a mille. Istinto da serial killer quando non ti calcolano eppure sei lì, più in carne che ossa modestamente. Me le fanno gonfiare quando mi si interrompe mentre lavoro o quando si fa casino mentre cerco di scrivere decentemente, come se quello che faccio non sia lavoro ma un passatempo divertente. Perciò che male faranno quattro o cinque telefonate di fila, urla, citofonate e quant’altro?

Sarei di buon umore, cortese come un’educanda, serafica come una suora, gentile come una hostess. Eppure mi ritrovo a scattare come una ferrari, a incazzarmi come una iena, a diventare un’arpia nel tempo di uno schiocco. Ad essere una brontolona. Ecco, odio tutto questo. Vado in bestia quando mi mandano in bestia.

Published in: on 12 luglio 2011 at 18:50  Lascia un commento  
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Genitori, figli e tanti guai

E’ da tempo che volevo scrivere una cosa a riguardo. Forse a qualcuno non piacerà (qualcuno di quei pochi che mi leggono), forse qualcuno sarà d’accordo con me o storcerà il naso o non capirà assolutamente nulla. Voglio scrivere della voglia di diventare genitori, del rapporto tra genitori e figli, del bisogno di creare una famiglia, della necessità di fare figli. E’ un discorso molto ampio considerato da un punto di vista molto personale in riferimento a situazioni generiche. Cosa voglio dire. Che non mi voglio riferire a nessuno in particolare. Osservo da mesi, anni, ascolto da altrettanto tempo, rifletto da ancorà di più sull’argomento.

Innanzitutto trovo aberrante, al limite dell’assurdo, che una donna per potersi affermare debba ‘sfornare figli’. Lo trovo di un egoismo accecante. Non ha aspirazioni, non ha obiettivi, e per trovarli e trovare la voglia di vivere ha bisogno di procreare. Ok, d’accordo. Il fine ultimo della specie umana è riprodursi. Ma cosa ci differenzia dagli animali? Proprio questo. Per loro è un fatto meccanico, metodico, istintivo. Per gli esseri umani, in fase evolutiva, è un’altra cosa. Gli umani per dare un senso alle loro vite fanno figli e, se non ci riescono, fanno di tutto ma proprio di tutto. Oggi si diventa mamme anche a 60 anni. E non è puro egoismo? Apprezzo il coraggio ma è fuori da ogni buon senso. Se la natura ha deciso in qualche modo di non ‘donarvi’ la capacità di riprodurvi, io lo prenderei come un segno. Sfidare i suoi piani non ha mai portato a nulla di buono. Ma questa è un’altra storia. Non è coraggio fare quello che si vuole veramente? Fanno i figli e poi cominciano i rimorsi, i rimpianti. Ah, io volevo girare il mondo, volevo fare la modella, volevo essere una ricercatrice, volevo studiare. I volevo, potevo, dovevo si sprecano. E non è da omicidio istantaneo? Dicevo, gli animali non caricano di aspettative i loro figli, non scaricano nervosismi su di loro, non ne fanno il loro personale trofeo o la marionetta da manipolare a proprio piacimento. Ieri ho assistito, seduta ad un tavolo di un ristorante, ad un paio di scene scolvolgenti. Un tavolo con alcune famigliole: genitori, figli piccoli. Erano tre giovani mamme. Avevano quei 35-36 anni. Tre isteriche. Tre streghe di Benevento. A dare spettacolo lì in mezzo alla folla del sabato sera. Chi dava sberle al figlio, chi lo trascinava urlando al tavolo, chi correva ad acciuffarlo. Ma dico io..Prima di tutto, avete voluto la bicicletta? Secondo, non si portano bimbi piccoli in un locale superaffollato di sabato sera. Terzo, non vi trovate tra le vostre quattro mura, dove appunto dovete rimanere se non sapete gestire con civiltà i vostri figli. (Se avessi un locale metterei un bel cartellone fuori con su scritto “Vietato l’ingresso alle famiglie e alle mamme isteriche”). Che senso ha fare figli se poi li si tratta davvero una merda? Penso ad alcuni vicini di quartiere. Mamme che gridano ‘cretine’ alle figlie piccole, che le minacciano apertamente, facendosi sentire da tutto il vicinato, così senza un pò di vergogna. E io ogni volta ci penso. Fate prima i figli e poi? Non sapete cosa sia un dialogo, non ci sapete nemmeno comunicare. Non voglio fare la maestrina. Io non ho figli. E, per ora, non voglio averli. Perciò non potrei proprio sollevare alcuna discussione a riguardo. Ma parlo come figlia. E come spettatrice. Trovo sconcertante come uomini lascino le proprie compagne perchè non possono avere figli (l’hai sposata solo per perpetuare il tuo nome nei secoli dei secoli?). Il matrimonio è soltanto questo? Non è avere un testimone della propria vita? Non è aver un compagno con il quale condividere la propria esistenza? Una vita che non comporta solo l’avere figli. Il mondo è pieno di possibilità, è pieno di alternative. Alcuni lo fanno semplicemente perchè è la società a deciderlo. Perchè è questa la normalità. Poi le vedi che rifiutano il neonato, vanno in depressione. Altre li abbandonano. Altre li ammazzano, come sappiamo fin troppo bene.

Per me fare figli non è un atto di altruismo. E’ l’esatto contrario. Parlo sempre di quegli individui che dicono di volere i figli, di desiderarli. Mettiamo che il figlio è cresciuto, è diventato adulto. Il gioco si fa più duro, anzi, insostenibile. Parlo di figli che pure essendo già grandi vivono ancora sotto il tetto paterno. E’ una situazione scomoda. E’ difficile fare il genitore ed è altrettanto complicato fare il figlio. I genitori sono ancora nella forma mentis che il figlio abbia 10 anni, se non di meno. Il figlio vorrebbe spiccare il volo ma non può. Vorrebbe spiegare le ali per il gran salto ma ogni suo tentativo è bloccato sul nascere. Ma questo succede non solo direttamente e cioè come conseguenza di un rapporto morboso. Ma soprattutto indirettamente. Non diventa indipendente perchè, a parte la questione economica gravosa, si è creato un circolo vizioso, che comporta da un lato la finzione che non gliene importi niente (i genitori) e dall’altra la consapevolezza che li si sta ferendo (figli). E qui ritorniamo al discorso di prima. I genitori hanno trovato il senso della loro vita nei figli. Questi ultimi saranno infelici a vita. Mi viene in mente la tartaruga (come ha detto il Maurizio Costanzo scrittore). Una tartaruga campa anche 150 anni. E sapete il perchè? Non ha genitori. Una volta nati, vanno per la loro corrente oceanica e buonanotte. Sono gli animali più longevi e felici della Terra.

E poi ci sono i piccoli fatti quotidiani. Quelli si che ti ammazzano un pò alla volta, lentamente. Se sei figlia unica ti devi trasformare in un piccolo factotum della casa. Hai troppi doveri morali nei confronti dei tuoi. E’ corretto fare i servizi. Non è corretto non farli. Se sei maschio ti è concesso non mettere in ordine tanto la mamma ci pensa. E poi le chiocciole si lamentano in loro assenza. Ci sono troppi schemi comportamentali nelle famiglie ordinarie. Schemi antiquati. Pure quelli che si ritengono moderni. Sotto sotto, la solfa è sempre la stessa. E non sia mai che uno dei figli ha avuto la fortuna di realizzarsi o il coraggio di inseguire i propri sogni. Apriti cielo. La casa diventa un campo minato per i figli che purtroppo sono rimasti a casa. La vita diventa insopportabile. Per non parlare delle ansie che nascono nei figli e nei genitori deboli e predisposti. E poi, dulcis in fundo, arriva il rinfacciare. C’è chi ha le palle di farlo apertamente e chi invece lo fa dietro le spalle. E non so cosa sia peggio. La fase pre-adulta dei figli è la più difficile in assoluto. Non sei nè carne nè pesce. Ti trovi ad essere qualcosa che non sei e non sai. Vivi alla giornata. Sperando.

Non so quale sia la soluzione. So solo che stiamo inguaiati forte. Le mammine per forza. I papà padroni. I figli viziati.

Published in: on 10 luglio 2011 at 12:41  Lascia un commento  
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Sorelle..mai

Ad una sorella minore, se l’avessi, direi queste parole: “Non caricare d’importanza amici, parenti e amanti, carica d’importanza solo te stessa”. Se avessi questa fortuna, probabilmente, non starei qui a rimuginare sulla mia eccessiva sensibilità ma sarei con lei su un volo di 8 ore che ci sta portando lontano. Di sicuro avrei una compagna di viaggi e di confidenze, avrei un’amica che ha lo stesso mio cognome e lo stesso sangue che scorre nelle vene. Se fosse più grande, mi troverei ad inseguire un modello ma, comunque sia, saremmo come Thelma e Louise. Forse lei mi darebbe dei consigli mentre giriamo per le strade della città o mentre siamo in treno per raggiungere il mare. Vivrei di più e penserei di meno, sarei più serena e meno sola.

A quest’ora faremmo progetti. A luglio sulle montagne russe, ad agosto all’estero, a settembre nel Montefeltro. Magariun libro a quattro mani,  una vacanza ai nostri solo per restare sole a casa e far casino, una sbriciolata con la vecchia ricetta della nonna. Suoneremmo “Blowing in the Wind” con la chitarra, berremmo birra o vino all’occorrenza, saremmo soprattutto spontanee e senza riserve.

In macchina potremmo ascoltare Guccini o De Gregori e conoscere a memoria “La locomotiva”.Andremmo ai loro concerti insieme e staremmo sotto al palco a cantare “Rimmel” o “Quattro stracci” proprio come faremmo se fossimo a casa a perder tempo. Andremmo in bici, ci fermeremmo ad un caffè e ordiremmo un tè freddo al limone. Saremmo pienotte entrambi e non ce ne importerebbe. Ci faremmo complimenti a vicenda e sarebbero sinceri.

Mi piace pensarla con me ogni volta che la casa è troppo grande per una sola, quando mi trovo ad uscire in auto e il sedile accanto è vuoto, quando guardo la mia serie televisiva e rido tra me e me. Me la immagino forse alta qualche centimentro più di me, con i capelli mossi e la stessa mia gobbetta sul naso. I capelli potrebbero essere più scuri e forse avrebbe gli occhi verdi.

C’è chi lo trova infantile, chi invece ‘senza speranza’, il mio fantasticar e naufragar nel mare dell’immaginazione, nel figurarmi una sorella che non c’è e che non ci sarà mai. E’ la mia malinconica àncora di salvezza quando mi accorgo che non sto condividendo niente con nessuno, quando non c’è lo scambio di vestiti e scarpe, quando cerchi invano il piacere della sorellanza.

E’ importante avere l’amica o la sorella e trovare tempo per loro perchè come ben si sa ma non si ha mai il coraggio di pensarci..un giorno saremmo tutte vecchiette in viaggio su un pulman.